RIDUZIONE IMU/TASI PER LE ABITAZIONI CONCESSE IN COMODATO – CONDIZIONI
(R.M. 1/DF/2016)
Riduzione del 50% della base imponibile IMU/TASI nell’ipotesi di abitazioni non di lusso concesse in comodato ai parenti che le destinano ad “abitazione principale”, ivi comprese le pertinenze.
Lo conferma la Risoluzione 17 febbraio 2016, n.1/DF del Dipartimento delle finanze del Ministero dell’economia e finanze, che fa il punto sull’applicabilità della riduzione IMU/TASI per le abitazioni non di lusso concesse in comodato ai parenti, applicabile dal 1° gennaio 2016 e contenuta nell’art.1, co.10, lett.b), della legge 208/2015 (legge di Stabilità 2016)[1].
In particolare, viene stabilita la riduzione al 50% della base imponibile ai fini IMU/TASI nell’ipotesi di abitazioni (escluse quelle classificate nelle categorie A/1, A/8 e A/9) concesse in comodato ai parenti in linea retta entro il primo grado (padre-figlio, ovvero figlio-genitore).
Come noto, il beneficio viene riconosciuto in presenza delle seguenti condizioni:
– destinazione dell’alloggio ad “abitazione principale” da parte del comodatario[2];
– registrazione del contratto;
– residenza anagrafica e dimora abituale del comodante nello stesso Comune in cui è situato l’immobile concesso in comodato.
L’agevolazione viene riconosciuta, altresì, in presenza di eventuale possesso, in capo al comodante, oltre all’immobile concesso in comodato, di un altro alloggio, nello stesso Comune, adibito a propria “abitazione principale” (escluse quelle classificate nelle categorie A/1, A/8 e A/9)[3].
Al riguardo, il Dipartimento delle finanze, nel fornire i primi chiarimenti sulla nuova disciplina, precisa innanzitutto che, ai fini della spettanza del beneficio, devono verificarsi tutte le condizioni sopra citate, mentre il venir meno anche di una sola di esse comporta la perdita dell’agevolazione. Inoltre, vengono affrontati gli aspetti di seguito illustrati:
■ caratteristiche dell’abitazione concessa in comodato
Deve trattarsi di un’abitazione “non di lusso”,ovvero deve essere classificata in una categoria catastale diversa da A/1, A/8 e A/9.
Inoltre, la R.M. 1/DF/2016 specifica che anche l’eventuale abitazione posseduta dal comodante come “abitazione principale” nello stesso Comune deve essere “non di lusso”, pena la decadenza dal beneficio;
■ registrazione del contratto di comodato
Al riguardo, il Dipartimento delle finanze precisa che, per fruire del beneficio, il contratto di comodato deve essere registrato, a prescindere dalla forma (scritta o verbale) in cui sia stato concluso[4].
In particolare, in entrambi i casi l’imposta è dovuta nella misura fissa di 200 euro, e la registrazione (con il Modello 69) deve avvenire entro 20 giorni dalla data dell’atto[5].
Sul punto, viene, altresì, chiarito che il beneficio relativo alla riduzione del 50% della base imponibile decorre dalla data di conclusione del contratto, e non dalla data di registrazione[6];
■ possesso di altri immobili oltre a quello concesso in comodato
Come noto, tra le condizioni per fruire della riduzione dalla base imponibile, l’art.13, co.3, lett.0a, del D.L. 201/2011 specifica che il comodante deve possedere «un solo immobile in Italia». Questa espressione ha suscitato perplessità circa la tipologia di immobile posseduto ai fini del riconoscimento del beneficio.
Al riguardo, la R.M. 1/DF/2016 ha chiarito che, trattandosi di disposizioni che agevolano le unità immobiliari a destinazione abitativa, l’immobile a cui fa riferimento la disposizione si intende di tipo abitativo.
Pertanto, prosegue il Dipartimento delle finanze, il possesso di un’altra abitazione in capo al comodante, diversa dall’ “abitazione principale”, situata all’interno ovvero fuori dal Comune di residenza, impedisce l’applicabilità, sull’alloggio dato in comodato, della riduzione della base imponibile IMU/TASI del 50%.
Tale precisazione deve, infatti, essere collegata con l’ulteriore criterio di applicabilità del beneficio, che ammette il possesso di un’altra abitazione, utilizzata come “abitazione principale” non di lusso nello stesso Comune in cui è posto l’alloggio concesso in comodato ai parenti.
Invece, l’agevolazione viene riconosciuta se l’ulteriore immobile posseduto non è a destinazione abitativa (ad esempio, un negozio o un terreno), ovvero se è una pertinenza.
Di conseguenza, secondo i chiarimenti del Dipartimento delle finanze, il comodante può possedere un’altra abitazione, adibita ad “abitazione principale” non di lusso nello stesso Comune, ma l’agevolazione viene esclusa se questi è titolare di un’ulteriore abitazione, anche pro quota, diversa da quella concessa in comodato.
Sotto tale profilo, il Dipartimento delle finanze fornisce alcuni esempi pratici di applicabilità, o meno, del beneficio da parte di due coniugi che destinano l’abitazione ai propri figli o genitori;
■ regime delle pertinenze
La R.M. 1/DF/2016 chiarisce, inoltre, che l’agevolazione spetta anche sulle pertinenze concesse in comodato unitamente all’alloggio destinato ad abitazione principale del comodatario, in conformità con la disciplina IMU/TASI delle pertinenze all’abitazione principale, di cui all’art.13, co.2, del D.L. 201/2011[7].
In sostanza, oltre all’abitazione, la riduzione della base imponibile IMU/TASI del 50% opera anche per le pertinenze classificate nelle categorie catastali C/2 (cantine), C/6 (garages) e C/7 (tettoie), nella misura massima di una pertinenza per ciascuna categoria.
Inoltre, ai fini dell’applicabilità dell’agevolazione, è irrilevante che le pertinenze siano iscritte, o meno, in catasto unitamente all’abitazione;
■ tassazione IMU/TASI per il comodante
Come già anticipato, per quel che riguarda l’IMU il comodante deve corrispondere l’imposta sull’abitazione data in comodato, e sulle eventuali pertinenze, con base imponibile ridotta del 50%, applicando l’aliquota di base o quella più favorevole stabilita dal Comune (riduzione fino al 4,6 per mille)[8].
Con riferimento, invece, alla TASI, occorre ricordare che, nell’ipotesi in cui l’immobile sia utilizzato da un soggetto diverso dal proprietario (come in caso di comodato), l’imposta deve essere versata sia da questo sia, pro quota, dall’occupante dell’immobile.
In merito, la citata R.M. 1/DF/2016 precisa che in caso di comodato con destinazione dell’alloggio ad “abitazione principale” del comodatario, ferma restando la riduzione della base imponibile al 50%, il comodante deve corrispondere la quota della TASI a suo carico nella percentuale stabilita dal Comune con il Regolamento relativo al 2015 o, in mancanza, in misura pari al 90%[9].
L’Amministrazione finanziaria non si sofferma circa l’aliquota dell’imposta: in merito, occorre fare riferimento a quella stabilita dal Comune per le abitazioni “non di lusso”, che non costituiscono “abitazione principale”;
■ tassazione IMU/TASI per il comodatario
Per quel che riguarda il comodatario, invece, questi non è tenuto al pagamento né dell’IMU, né della TASI.
Infatti, come noto, il presupposto applicativo dell’IMU è il possesso dell’immobile, con la conseguenza che il comodatario, beneficiando unicamente della “detenzione” dell’abitazione, non deve versare il tributo.
Nulla è dovuto dal 2016 neppure a titolo di TASI, tenuto conto della destinazione, come utilizzatore, dell’unità immobiliare ad “abitazione principale”[10].
Note:
[1] Come noto, la disposizione introduce la lett. a) al co.3, dell’art.13 del D.L. 201/2011, convertito, con modificazioni, nella legge 214/2011, che contiene la disciplina dell’IMU.
Al riguardo, si ricorda che le disposizioni dettate in materia di IMU valgono anche per la TASI, in virtù del rimando normativo di cui all’art.1, co.675, della legge 147/2013, secondo il quale la base imponibile TASI è la stessa dell’IMU. Per i fabbricati, questa è costituita dalla rendita catastale rivalutata del 5% e moltiplicata per specifici coefficienti (per le abitazioni, e relative pertinenze, il coefficiente è 160).
[2] Sul punto, si ricorda che, ai fini IMU/TASI, per “abitazione principale” si intende quella nella quale «il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente» (art.13, co.2, del medesimo D.L. 201/2011).
[3] Sul punto, si ricorda che, ai fini dell’applicazione dell’agevolazione, il comodante deve presentare il modello di dichiarazione IMU.
[4] Come chiarito nella R.M. 1/DF/2016, la disposizione contenuta nella legge di Stabilità 2016, relativa all’obbligo di registrazione del contratto di comodato, costituisce una deroga parziale alla disciplina stabilita ai fini dell’imposta di registro (D.P.R. 131/1986) che, per i contratti verbali, non impone la registrazione (tranne nel caso di enunciazione in altri contratti).
[5] Ai sensi dell’art.13 del D.P.R. 131/1986. Oltre all’imposta di registro, è dovuta anche l’imposta di bollo, nella misura di 16 euro per ogni foglio (art.2 della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. 642/1972).
[6] Tale indicazione risulta utile ai fini del calcolo dell’IMU/TASI, tenuto conto che tali imposte vengono calcolate per anni solari proporzionalmente alla quota e ai mesi dell’anno nei quali si è protratto il possesso. Inoltre, il possesso dell’unità immobiliare per almeno quindici giorni comporta l’applicazione delle medesime imposte sull’intero mese (ad esempio, il contratto di comodato stipulato entro il 16 gennaio 2016 consente di fruire del beneficio, per il 2016, sin dal mese di gennaio – cfr. anche l’art.9, co.2, del D.Lgs. 23/2011).
[7] A tal proposito, si ricorda che, come sopra specificato, il beneficio opera anche se il comodante possieda, oltre all’abitazione data in comodato, anche una o più pertinenze (cfr. la medesima R.M. 1/DF/2016).
[8] Ciò è previsto in base alla regola che consente ai Comuni la variazione, in aumento o diminuzione, di 3 punti rispetto all’aliquota di base pari al 7,6 per mille – Cfr. art.13, co.6, del D.L. 201/2011. Si precisa, inoltre che, come confermato dalla R.M. 1/DF/2016, dal 2016 i Comuni non possono più equiparare all’abitazione principale gli alloggi concessi in comodato ai parenti. La legge 208/2015 (Stabilità 2016) ha infatti escluso tale possibilità.
[9] Ai sensi dell’art.1, co.681, della legge 147/2013, come modificato dall’art.1, co.14, della legge 208/2015 (Stabilità 2016).
[10] Per l’esclusione dalla TASI relativa all’abitazione principale del possessore o dell’utilizzatore, operante dal 2016, cfr. l’art.1, co. 639, 669 e 681 della legge 147/2013, come modificato dall’art.1, co.14, della legge di Stabilità 2016.
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