“REVERSE CHARGE” ESECUZIONE DI OPERE MURARIE NELL’AMBITO DI LAVORI DI AMPLIAMENTO DI UN EDIFICIO – CHIARIMENTI
In caso di esecuzione di opere murarie nell’ambito di un intervento di ampliamento di un edificio si applica il meccanismo dell’inversione contabile (“reverse charge”).
Lo chiarisce il Viceministro dell’economia e finanze Morando nella risposta all’interrogazione n.5-08065 presso la Commissione VI (Finanze) della Camera, fornita il 10 marzo scorso[1].
Come noto, dal 1° gennaio 2015, l’applicabilità dell’inversione contabile è stata estesa a nuove fattispecie, tra le quali, per il settore delle costruzioni, quelle riguardanti le “prestazioni di servizi di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relative ad edifici” (di cui all’art.17, co.6, lett.a-ter, del D.P.R. 633/1972 – Decreto IVA)[2].
In sostanza, con questa modifica, tali operazioni si aggiungono alle prestazioni di servizi o di manodopera, rese in dipendenza di contratti di subappalto nei confronti di imprese edili, già assoggettate a “reverse charge” dal 2007[3].
In particolare, nel quesito formulato durante il question time veniva chiesto se l’inversione contabile fosse applicabile, come intervento di “completamento”, nell’ipotesi di esecuzione di opere murarie nell’ambito di un ampliamento di un edificio, ai sensi della disciplina sul “reverse charge” applicabile dal 2015.
Al riguardo, il MEF richiama, innanzitutto, i lavori di completamento di edifici, contenuti nella categoria 43.3 “completamento e finitura di edifici” della classificazione ATECO 2007, tra i quali, come chiarito dalla C.M. 14/E/2015 ai fini dell’applicabilità del “reverse charge”, rientrano i lavori identificati dal codice attività 43.39.01 “attività non specializzate di lavori edili (muratori)”[4].
Inoltre, specifica l’Amministrazione finanziaria, alla citata categoria 43.3 dei codici ATECO 2007 deve essere ricondotta l’attività che consiste nell’esecuzione di sole «parti specifiche del processo di costruzione», per la quale si rende applicabile l’inversione contabile.
Diversamente, la costruzione completa di edifici ricade nella diversa categoria 41.2 “costruzione di edifici residenziali e non residenziali” della citata classificazione ATECO, ed è esclusa dal “reverse charge”, in quanto non identificabile come “completamento”.
In base alla citata ricostruzione, il MEF chiarisce che, nel caso di specie, l’esecuzione di opere murarie nell’ambito di un ampliamento di un edificio deve essere fatturata con il meccanismo dell’inversione contabile, trattandosi di prestazioni che riguardano «parti specifiche del processo di costruzione», ossia di “completamento” (come “attività non specializzate di lavori edili” – codice 43.39.01), ai sensi all’art.17, co.6, lett.a-ter, del Decreto IVA.
Come è evidente, l’applicabilità del “reverse”, ad avviso dell’Agenzia delle Entrate, è sostenuta dal fatto che si tratta di opere minori, di “completamento” (quali, ad esempio, intonacatura e stuccatura, tinteggiatura e rivestimento di pavimenti e muri).
Viceversa, resta confermato che nell’ipotesi di appalto unico per la realizzazione di un ampliamento di un fabbricato, siamo in presenza di una parziale costruzione ex novo, che, come tale, non è soggetta ad inversione contabile[5].
Tra l’altro, a livello urbanistico l’ampliamento viene sempre assimilato ad una “nuova costruzione”, a prescindere dalla dimensione quantitativa dell’intervento, ossia dall’esecuzione dei lavori solo sulla porzione dell’edificio oggetto di ampliamento, ovvero su tutto il fabbricato (come avviene, ad esempio, in caso di demolizione e ricostruzione).
Note:
[1] Introdotto dall’at.1, co.629, lett.a, della legge 190/2014 (Legge di Stabilità per il 2015).
[2]Come noto, in base all’art.17, co. 6, lett. a, del D.P.R. 633/1972, tale meccanismo determina una variazione delle ordinarie modalità di fatturazione e di versamento dell’IVA, relative all’operazione effettuata dal subappaltatore nei confronti dell’appaltatore principale, o di un altro subappaltatore. In particolare, il meccanismo opera nel modo seguente:
– il subappaltatore emette fattura all’appaltatore senza applicazione dell’IVA, indicando la norma che lo esenta dall’applicazione dell’imposta (art.17, co.6, lett. a, del D.P.R. 633/1972);
– l’appaltatore integra la fattura ricevuta con l’indicazione dell’aliquota IVA e della relativa imposta dovuta, con i connessi obblighi formali di registrazione della stessa, da effettuare sia nel registro delle fatture emesse (entro il mese di ricevimento della fattura o, comunque, entro 15 giorni dal ricevimento con riferimento al relativo mese, ai sensi dell’art.23 del D.P.R. 633/1972), sia in quello degli acquisti (di cui all’art.25 del citato D.P.R 633/1972).
[3]Per completezza, si evidenzia che nell’interrogazione e nella risposta, pur citando il codice 43.39.01, viene fatto erroneo riferimento ad “altri lavori di costruzione e installazione n.c.a.” (identificati, invece, dal codice ATECO 43.29.09), mentre lo stesso si riferisce alle “attività non specializzate di lavori edili (muratori)”.
[4] Cfr. la C.M. 14/E/2015, con la quale l’Agenzia delle Entrate aveva espressamente escluso dall’ambito applicativo del “reverse charge” l’ipotesi di un contratto unico di appalto (ancorché comprensivo anche di prestazioni soggette a tale meccanismo) «avente ad oggetto la costruzione di un edificio».
[5] Cfr. anche l’art.3, co.1, lett.e, del D.P.R. 380/2001.
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