Eliminazione barriere architettoniche: la soprintendenza può negare l’autorizzazione solo in presenza di un pregiudizio serio e rilevante
La Legge 13/1989 “Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati”, disciplina agli artt. 4 e 5 il caso in cui i relativi interventi riguardino immobili sottoposti a vincolo paesaggistico o culturale.
In particolare l’art. 4, in relazione agli immobili soggetti a vincolo paesaggistico, prevede che l’autorizzazione può essere negata solo nel caso in cui le opere determinino un serio pregiudizio al bene tutelato e che “il diniego deve essere motivato con la specificazione delle natura e della serietà del pregiudizio…”. Tali norme si applicano anche agli immobili soggetti a vincoli storico-artistico ossia culturale, nel qual caso la Soprintendenza “è tenuta a provvedere entro 120 giorni dalla presentazione della domanda, anche impartendo ove necessario apposite prescrizioni” (art. 5).
Il Consiglio di Stato (sentenza, sez. VI, 7 marzo 2016, n. 905) ha confermato l’annullamento di un parere negativo della Soprintendenza in relazione ad un intervento di superamento delle barriere architettoniche (nella specie l’installazione di un ascensore) per la verificata assenza di un serio e rilevante pregiudizio all’immobile vincolato (nella fattispecie, peraltro, si trattava di immobile ubicato nel centro storico di Roma e soggetto a parere della Soprintendenza ai sensi delle Nta del PRG, ma non sottoposto a vincolo specifico in base al D.lgs. 42/2004).
Pur non essendovi in base alla Legge 13/1989 una generale prevalenza delle opere necessarie all’abbattimento delle barriere architettoniche rispetto alla tutela degli immobili vincolati, la soprintendenza in questi casi può negare l’autorizzazione solo in presenza di un pregiudizio serio e rilevante in rapporto al complesso in cui l’opera si colloca e con riferimento a tutte le alternative eventualmente prospettate dall’interessato.
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