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19.09.2014 - lavoro

MINISTERO DEL LAVORO – DECRETO LEGGE N. 34/2014 CONVERTITO NELLA LEGGE N. 78/2014 – NUOVE DISPOSIZIONI IN MATERIA DI CONTRATTO A TERMINE E APPRENDISTATO – CIRCOLARE N. 18/2014

Si informa che il Ministero del Lavoro con circolare n. 18 del 30 luglio 2014, che si riporta in calce alla presente nota, ha fornito alcuni orientamenti interpretativi in merito alle novità introdotte dal D.L. n. 34/2014, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 78/2014, in materia di lavoro a tempo determinato, somministrazione di lavoro e contratto di apprendistato (cfr. Not. n. 6/2014).
Di seguito si riportano alcuni chiarimenti di maggior interesse per il settore.

Contratto a tempo determinato
Nel ribadire l’eliminazione definitiva dell’obbligo di applicazione nel contratto a tempo determinato delle ragioni di carattere “tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo”, il Dicastero ha, in primo luogo, specificato che, ai fini della legittima istaurazione del rapporto di lavoro stesso, è ora sufficiente l’indicazione di un termine che può risultare, direttamente o indirettamente, nell’atto scritto.
Resta chiaro che, nell’ipotesi di assunzione “per ragioni di carattere sostitutivo o di stagionalità”, i datori di lavoro dovranno, comunque, ai soli fini di “trasparenza”, far risultare direttamente o indirettamente da atto scritto le ragioni che hanno portato alla stipula di tale contratto.
Con riferimento, poi, all’introduzione, da parte del Legislatore, dei limiti quantitativi per la stipula dei contratti a termine, è stato espressamente indicato che tali limiti operano in assenza di una diversa disciplina contrattuale applicata e, pertanto, con riferimento al settore dell’edilizia, vigono le disposizioni introdotte dal contratto collettivo di riferimento.
In merito al computo dei contratti a tempo determinato per le attività iniziate durante l’anno, il Dicastero ha specificato che in tale ipotesi sarà possibile tener conto dei rapporti a tempo indeterminato in essere alla data di assunzione del primo lavoratore a termine. Pertanto, in analogia con quanto espressamente indicato dal Ministero, dovrebbe essere possibile prevedere l’applicazione di detto principio anche per il settore dell’edilizia nell’ipotesi di assunzioni da parte di impresa di nuova costituzione.
A tal fine, è stata richiesta specifica conferma al Ministero circa la correttezza di un’interpretazione analogica nell’ambito della normativa contrattuale che preveda, in tale fattispecie, fotografare la base di computo della nuova impresa all’atto della prima assunzione a termine.
E’ stato, inoltre, chiarito che nel computo dei contratti a tempo indeterminato in forza nell’impresa, non dovranno considerarsi:
– i rapporti di natura autonoma o di lavoro accessorio;
– i lavoratori parasubordinati;
– gli associati in partecipazione;
– i lavoratori a chiamata indeterminati privi di indennità di disponibilità.
Andranno, invece, conteggiati i lavoratori part-time proporzionalmente, i dirigenti a tempo indeterminato e gli apprendisti (in quanto, ai sensi dell’art. 1, co. 1 del D.Lgs n.167/2011, il contratto di apprendistato viene definito quale “contratto di lavoro a tempo indeterminato”).
E’ stato, inoltre, chiarito che il conteggio dei rapporti a tempo indeterminato andrà effettuato in relazione al complesso dei lavoratori in forza nell’impresa, a prescindere dall’unità produttiva dove gli stessi sono occupati, ed è stato specificato che i lavoratori a termine potranno essere destinati presso una o soltanto alcune unità produttive del medesimo datore di lavoro.
Sono in ogni caso esenti dalle limitazioni quantitative, oltre ai contratti a tempo determinato stipulati nella fase di avvio di nuove attività (per i periodi definiti dai Ccnl) o stipulati per ragioni di carattere sostitutivo o con lavoratori di età superiore ai 55 anni, anche i contratti a termine stipulati da parte di start up innovative di cui all’art. 28 del D.L. n. 179/2012, oltre alle ipotesi di cui all’art. 8, comma 2 della L. n. 223/91.
E’, altresì, sempre possibile per i datori di lavoro che occupano da 0 a 5 dipendenti a tempo indeterminato, assumere un lavoratore a termine.
Di rilevante interesse risulta essere la precisazione secondo la quale il rinvio alla contrattazione collettiva risulta essere privo di particolare “vincoli” e, pertanto, le parti sociali possono “legittimamente” derogare sia al limite percentuale introdotto dalla Legge che alle relative modalità di computo.
A titolo esemplificativo, infatti, il Dicastero ha precisato che “può pertanto ritenersi legittimo che i contratti collettivi scelgano di tener conto dei lavoratori a tempo indeterminato non come quelli in forza ad una certa data ma come quelli mediamente occupati in un determinato arco temporale”.
Ad ulteriore chiarimento di quanto sopraindicato, il Ministero ha poi evidenziato che non è necessario, da parte della contrattazione collettiva, introdurre nuove clausole limitatrici, in quanto conservano efficacia quelle già esistenti alla data di entrata in vigore del Decreto, pur restando ferma la possibilità di poterne prevedere, in un secondo momento, delle nuove.
In merito poi alla disciplina sanzionatoria applicabile in caso di superamento dei limiti quantitativi previsti
per l’assunzione con contratto a tempo determinato, è stato specificato che tale sanzione amministrativa trova applicazione sia per mancato rispetto del limite legale del 20% che per superamento del diverso limite contrattuale che, nel settore dell’edilizia, è del 25% (contratti a termine e in somministrazione), più un ulteriore 15% per l’assunzione di disoccupati ed inoccupati iscritti alla Blen.it (Borsa Lavoro dell’edilizia).
Ai fini del calcolo dell’importo sanzionatorio, si tiene conto della retribuzione lorda mensile riportata nel singolo contratto di lavoro, ottenibile anche attraverso la divisione della retribuzione annuale lorda per il numero delle mensilità spettanti. Qualora la retribuzione non sia stata indicata nel contratto di lavoro, potrà farsi riferimento alla retribuzione tabellare prevista nel contratto collettivo applicato o applicabile.
E’ stato, altresì, specificato che nel conteggio ogni periodo pari a 30 giorni di occupazione andrà considerato come mese intero e, se i giorni sono superiori a 15, andrà considerato un ulteriore mese. Pertanto, per i periodi di occupazione inferiori a 16 giorni, la sanzione non potrà trovare applicazione in quanto il moltiplicatore sarebbe uguale a zero.
Inoltre, ai fini del calcolo del periodo di occupazione, si terrà conto della data di instaurazione del rapporto (c.d. dies a quo) e della data in cui è stata accertata l’esistenza dello sforamento (c.d. dies ad quem), senza tener conto di eventuali “sospensioni” del rapporto avvenute per esempio per malattia, infortunio o part time verticale.
Sarà comunque possibile rilevare gli eventuali sforamenti anche in relazione a rapporti già conclusi, verificando la data di scadenza del contratto a termine.
E’ stato poi ricordato che tale sanzione amministrativa è soggetta alle riduzioni di cui all’art. 16 della L. n. 689/1981 e, pertanto, anche alla luce delle interpretazioni giurisprudenziali, l’importo sanzionatorio andrà notificato nella misura di un terzo e il suo pagamento dovrà avvenire entro 60 giorni dalla notifica.
Chiarito altresì che si ritengono efficaci le clausole che impongono limiti complessivi alla stipula dei contratti a tempo determinato e alla utilizzazione dei contratti in somministrazione, come previsto nell’ambito dell’articolo contrattuale dell’edilizia.
Sul punto, è stato specificato che in caso di superamento dei limiti in ragione del ricorso ai contratti a termine, si applicherà la nuova sanzione introdotta dal D.L. n. 34/2014, mentre in caso di superamento dei limiti con il contratto di somministrazione si applicherà la sanzione di cui all’art. 18, comma 3 del D.Lgs n. 276/2003 (sanzione amministrativa pecuniaria da euro 250 a euro 1.250).
In particolare si ricorda che la sanzione introdotta dal D.L. 34/2014 è pari al 20% della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a 15 giorni di durata del rapporto di lavoro, se il numero dei lavoratori assunti in violazione del limite percentuale non sia superiore a 1 e pari al 50% della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a 15 giorni di durata del rapporto di lavoro, se il numero dei lavoratori assunti in violazione del limite percentuale sia superiore a 1
Qualora il superamento interessi, ad esempio, due lavoratori di cui uno assunto a termine e uno in somministrazione, si applicherà la sanzione di cui al D.L. n. 34/2014 parametrata al 50%, non potendosi applicare contestualmente entrambe le sanzioni.
In merito alla disciplina delle proroghe, è stato chiarito che tale facoltà è consentita fino ad un massimo di 5 volte e sempre entro il limite di durata complessiva del singolo contratto pari a 36 mesi e solo a condizione che si riferisca alla “medesima attività” per cui il contratto era stato inizialmente stipulato. Sul punto, è stato specificato che per medesima attività si intendono “le stesse mansioni, le mansioni equivalenti o comunque svolte in applicazione della disciplina di cui all’art. 2103”.
Pertanto, nell’ambito di più contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti, le proroghe totali non potranno essere più di 5, mentre qualora il contratto venga rinnovato per svolgere mansioni diverse e comunque non equivalenti, le precedenti proroghe non dovranno essere conteggiate.
Restano valide le eventuali 8 proroghe effettuate dai datori di lavoro nel periodo compreso tra il 21 marzo e il 19 maggio 2014, rispettivamente entrata in vigore del D.L. n. 34/2014, che ha introdotto le 8 proroghe, ed entrata in vigore della L. n. 78/2014 di conversione del decreto che ha ridotto a 5 il numero delle proroghe stesse.
Viene ribadita la possibilità di poter stipulare più contratti a termine anche oltre il limite complessivo di 36 mesi solo nelle ipotesi derogatorie previste dall’art. 5, comma 4-bis e ter del D.Lgs n. 368/2001 (per il settore dell’edilizia sono previsti ulteriori 8 mesi ai sensi dell’Avviso Comune del 10 aprile 2008).
In merito al diritto di precedenza, è stato chiarito che la mancata informativa su tale diritto non incide sulla possibilità che il lavoratore possa comunque esercitarlo né risulta essere sanzionata.

Contratto di somministrazione
La nuova formulazione dell’art. 1 del D.Lgs. n. 368/2001, che ha eliminato il riferimento alla “causale” nell’ambito del contratto a termine, ha interessato anche il contratto di somministrazione di lavoro a tempo determinato.
Rimane ferma la possibilità per i contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative di individuare i limiti quantitativi di utilizzazione di tale tipologia contrattuale.
In fase di ultimo rinnovo, è stato mantenuto, per il settore dell’edilizia, l’accorpamento dei contratti di somministrazione con i contratti a tempo determinato nel limite complessivo del 25%.
Il Ministero ha specificato che per il contratto di somministrazione le limitazioni percentuali possono derivare esclusivamente dalla contrattazione collettiva, non rilevando il limite legale del 20% previsto per i contratti a termine.
Il dicastero ha quindi chiarito che in tale fattispecie non è applicabile la sanzione amministrativa di cui al nuovo art. 5 del D.Lgs. n. 368/2001, specificatamente riferita alla violazione in tema di contratti a termine. Per la somministrazione rimane pertanto valida la sanzione di cui all’art. 18, co. 3 del D.Lgs. n. 276/2003.

Apprendistato
Con riferimento alle innovazioni relative all’istituto dell’apprendistato, il dicastero ha precisato quanto segue.

Piano formativo individuale
E’ prevista la forma scritta, seppur in forma sintetica, con la possibilità di indicare esclusivamente la formazione finalizzata all’acquisizione delle competenze tecnico professionali e specialistiche, in conformità alle linee guida del 20 febbraio 2014, sul rispetto dei cui contenuti si andrà a concentrare l’attività di vigilanza.
Come in precedenza, è possibile l’adozione di moduli e formulari stabiliti dalla contrattazione collettiva o dagli enti bilaterali, ma non è più previsto il termine di 30 giorni dalla stipula del contratto per la sua elaborazione, ferme restando eventuali previsioni, già vigenti o future, della contrattazione collettiva.

Clausole di stabilizzazione
Con modifica dell’art. 2, comma 3-bis, del d.lgs. n. 167/2011, il legislatore ha stabilito, per i datori di lavoro che occupano almeno 50 dipendenti, che l’assunzione di nuovi apprendisti sia subordinata alla prosecuzione, a tempo indeterminato, del rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendistato, nei 36 mesi precedenti la nuova assunzione, di almeno il 20% degli apprendisti dipendenti.
La violazione dei limiti previsti dal suddetto articolo comporterà il disconoscimento dei rapporti di apprendistato interessati, che saranno considerati rapporti di lavoro a tempo indeterminato.

Apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale
In relazione a tale tipologia contrattuale, è stato previsto che “Fatta salva l’autonomia della contrattazione collettiva, in considerazione della componente formativa del contratto di apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale, al lavoratore è riconosciuta una retribuzione che tenga conto delle ore di lavoro effettivamente prestate nonché delle ore di formazione almeno nella misura del 35% del relativo monte ore complessivo.”
Tale disposizione rappresenta un limite alla retribuzione da riconoscere al lavoratore apprendista, che dovrebbe essere calcolata tenendo conto delle ore effettivamente lavorate e almeno del 35% delle ore di formazione.
Sembrerebbe quindi che il 65% del complessivo monte ore formativo possa non essere retribuito.
Considerato che la previsione del monte ore formativo è rimessa alle Regioni, si ritiene – salvo i dovuti approfondimenti sulla materia che, a fronte delle normative regionali, la misura retributiva attinente le ore formative possa essere anche oggetto della contrattazione individuale.

Apprendistato professionalizzante
Nei limiti di quanto stabilito dalle Regioni e dalle Province autonome, la formazione di base e trasversale resta obbligatoria, ai sensi delle linee guida del 20 febbraio 2014, nella misura in cui:
– sia disciplinata come tale dalla regolamentazione regionale;
– sia realmente disponibile per l’impresa e l’apprendista, ossia sia approvata e finanziata dalla pubblica amministrazione, consentendo l’avvio delle attività formative entro 6 mesi dalla data di assunzione dell’apprendista;
– ovvero, sia definita obbligatoria dalla disciplina contrattuale vigente.
E’ da tener presente che, secondo le attuali previsioni, le Regioni sono tenute obbligatoriamente ad informare il datore di lavoro, entro 45 giorni dalla comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro al Centro per l’impiego, sulle modalità di svolgimento dell’offerta formativa pubblica, anche con indicazione delle sedi e del calendario.
A fronte della mancata comunicazione della Regione nel termine previsto non potrà configurarsi alcuna responsabilità del datore di lavoro per l’omessa formazione trasversale, con conseguente inapplicabilità della sanzione.
Il Dicastero sottolinea, infine, che, ai sensi dell’art. 2-bis, introdotto dalla legge n.78/14 (in vigore dal 20 maggio), le nuove disposizioni trovano applicazione per i rapporti di lavoro costituiti a decorrere dal 21 marzo 2014 (data di entrata in vigore del decreto), ma sono fatti salvi gli effetti già prodotti dalle disposizioni originarie del decreto stesso.
Poiché, in origine, il legislatore, ad esempio, non prevedeva né la forma scritta del piano formativo individuale, né le clausole di stabilizzazione, ne deriva che per il periodo 21 marzo – 19 maggio 2014 non viene a determinarsi alcuna conseguenza, sul piano civilistico o amministrativo, per l’eventuale mancata formalizzazione del pfi o per l’inosservanza delle suddette clausole.


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