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22.12.2014 - lavoro

DIRIGENTI DI AZIENDE INDUSTRIALI – PROCEDURE DI LICENZIAMENTO COLLETTIVO – ESTENSIONE AL PERSONALE CON QUALIFICA DI DIRIGENTE – LEGGE N. 161/2014 – G.U. N. 261/2014

Si informa che dallo scorso 25 novembre 2014 è prevista l’estensione al personale con la qualifica di dirigente della procedura di licenziamento collettivo ai sensi della L. n. 223/1991.
Tale estensione è stata prevista dalla Legge 30 ottobre 2014, n. 161, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 261 dello scorso 10 novembre 2014 e recante “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea – Legge europea 2013-bis”, la quale prevede – tra l’altro – modifiche alla Legge 23 luglio 1991, n. 223, sui licenziamenti collettivi, per quanto concerne il licenziamento dei dirigenti.
A tal proposito si fa presente che, con sentenza del 13 febbraio 2014, resa nella causa C-596/12, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha condannato l’Italia per non aver correttamente trasposto la Direttiva 98/59/CE, nella parte in cui ha escluso dall’ambito di applicazione della disciplina dei licenziamenti collettivi la categoria dei dirigenti.
Con l’art. 16 della citata Legge europea 2013-bis, entrata in vigore lo scorso 25 novembre 2014, il Legislatore ha dato così attuazione alla sentenza della Corte di Giustizia, modificando l’art. 24 della Legge n. 223/1991 ed individuando minuziosamente le disposizioni che trovano applicazione per la categoria dei dirigenti.
In primo luogo, la Legge europea 2013-bis afferma espressamente che i dirigenti debbono essere inclusi nella verifica della soglia occupazionale (“…imprese che occupino più di quindici dipendenti….”) che determina l’applicazione dell’art. 24 della Legge n. 223/1991.
La novità di rilievo è peraltro rappresentata dal fatto che la disciplina dei licenziamenti collettivi va osservata anche quando, nel novero degli eventuali cinque licenziamenti (nell’arco dei 120 giorni) che il datore di lavoro avesse intenzione di effettuare, vi fossero dei lavoratori appartenenti alla categoria dei dirigenti.
Si tratta, in altre parole, della vera e propria estensione ai dirigenti dell’applicazione della disciplina dei licenziamenti collettivi, con conseguente onere di applicazione della procedura prevista dalla legge qualora il licenziamento, nell’arco temporale dei 120 giorni, riguardi anche questi ultimi (Cass., Sez. Lavoro, 11 settembre 2014, n. 19221).
Peraltro, il nuovo comma 1-quinquies dell’art. 24 della Legge n. 223/1991 fa riferimento all’intenzione del datore di lavoro di procedere al licenziamento “di uno o più dirigenti”: dunque è sufficiente che vi sia anche un solo dirigente nel numero degli almeno cinque licenziamenti che il datore di lavoro intende intimare, perché trovino applicazione le novità procedurali introdotte dalla Legge europea 2013-bis.
Naturalmente, qualora non vi siano dirigenti tra le posizioni in esubero, non occorrerà dar luogo alla specifica procedura prevista dal nuovo comma 1-quinquiesdell’art. 24 della Legge n. 223/1991.
In tal caso, come rimarca Confindustria, è da ritenere che il datore di lavoro non possa procedere a licenziamenti individuali di dirigenti, per ragioni di carattere economico, nell’arco dei 120 giorni dalla conclusione della procedura di licenziamento collettivo, senza incorrere nel rischio di vedersi contestata la legittimità del licenziamento medesimo (per violazione dell’art. 24, comma 1, della Legge n. 223/1991, come interpretato dall’art. 8, comma 4, del D.L. 20 maggio 1993, n. 148, convertito dalla Legge 19 luglio 1993, n. 236) salva l’attivazione di una nuova procedura.
La nuova formulazione dell’art. 24, comma 2, della Legge n. 223/1991 chiarisce, inoltre, che la nuova disciplina prevista per i dirigenti opera tanto con riferimento ai datori di lavoro imprenditori quanto ai datori di lavoro non imprenditori che intendano cessare la propria attività.
In definitiva, è possibile affermare che, ai fini del raggiungimento del requisito numerico dei cinque licenziamenti nell’arco dei 120 giorni, la Legge n. 161/2014 ha operato la piena equiparazione dei dirigenti alle altre categorie di lavoratori.
Le Legge Europea 2013-bis ha, invece, scelto di non equiparare completamente i dirigenti alle altre categorie di lavoratori per quanto riguarda le modalità di applicazione della procedura di licenziamento collettivo.
Per quanto riguarda la fase della comunicazione, occorre in primo luogo segnalare che, stante l’esclusione della categoria dal trattamento dell’indennità di mobilità, il datore di lavoro non è tenuto a versare per i dirigenti interessati dalla procedura di licenziamento collettivo il contributo di ingresso di cui all’ultimo periodo dell’art. 4, comma 3, della Legge n. 223/1991.
Con riferimento ai destinatari, a fronte della formulazione dell’art. 4, comma 2, si ritiene che, nel settore industriale, compresa l’edilizia, la comunicazione debba senz’altro essere inviata a Federmanager, in qualità di organizzazione sindacale maggiormente rappresentativa dei dirigenti del settore.
Viceversa, nel caso in cui l’impresa, a ragione dell’attività svolta, applichi ai suoi dirigenti il contratto collettivo nazionale del terziario, la comunicazione dovrebbe essere rivolta all’associazione sindacale dei dirigenti maggiormente rappresentativa in quel settore.
Una volta che l’impresa abbia correttamente inviato la comunicazione preliminare, ove non segua, nel termine di sette giorni dal ricevimento della stessa, la richiesta di esame congiunto da parte dell’organizzazione sindacale, si deve ritenere, in base a quanto previsto dall’art. 4 della Legge n. 223/1991, esaurita la prima fase di confronto della procedura.
La volontà del legislatore di distinguere la procedura di licenziamento collettivo applicabile ai dirigenti rispetto alle altre categorie di lavoratori emerge in modo evidente dalla previsione normativa in base alla quale l’esame congiunto e l’eventuale ulteriore esame davanti all’Amministrazione territorialmente competente avvengono “in appositi incontri”. Ciò significa che, sebbene le distinte comunicazioni iniziali siano contestuali, la procedura relativa ai dirigenti potrà, poi, avere tempi (ma anche esiti) diversi, fermo restando il rispetto dei termini massimi previsti dalla legge.
La previsione di appositi incontri è volta a favorire la definizione di criteri di scelta e/o di soluzioni alternative al licenziamento che tengano il più possibile conto delle specificità del rapporto di lavoro dirigenziale.
Comunque, per quanto riguarda i criteri di scelta, è opportuno evidenziare che il legislatore, nel richiamare l’art. 5, comma 1, della Legge n. 223/1991, tra le disposizioni applicabili al licenziamento collettivo dei dirigenti, ha esteso anche a quest’ultima categoria i criteri residuali di legge (carichi di famiglia; anzianità; esigenze tecnico organizzative e produttive).
Sul punto, va ricordato che vi è la possibilità di concordare, anche a livello aziendale, nell’ambito dell’esame congiunto, specifici criteri di scelta quale, ad esempio, la preminenza del criterio delle “esigenze tecnico-produttive ed organizzative”, avvalendosi di una possibilità più volte affermata dalla giurisprudenza (v., tra le altre, Cass., Sez. Lavoro, 19 maggio 2006, n. 11886, e Cass., Sez. Lavoro, 7 giugno 2003, n. 9153).
Sotto un diverso profilo, appare opportuno evidenziare che, stante l’autonomia delle fasi di esame congiunto svolte con le organizzazioni di rappresentanza degli altri lavoratori, rispetto a quelle svolte con la rappresentanza dei dirigenti, ben potrebbe accadere che una procedura si concluda con la definizione di un accordo, mentre l’altra si concluda senza accordo, con la conseguente applicazione dei criteri di legge ai licenziamenti da intimare, oppure con un accordo contenente diversi criteri di scelta.
A ragione dell’autonomia della procedura che riguarda i dirigenti, si deve altresì ritenere che, ove fosse raggiunto l’accordo in sede sindacale, ben si potrà procedere alla successiva comunicazione dei licenziamenti, anche laddove prosegua la procedura che riguarda la generalità degli altri dipendenti e viceversa.
Ragioni di mera opportunità sindacale, da valutare caso per caso, potrebbero però anche consigliare di prendere in considerazione l’ipotesi di condurre a termine le due procedure “in parallelo” o, almeno, di differire la comunicazione dei licenziamenti in modo che avvenga contestualmente, sia per i dirigenti che per la generalità degli altri dipendenti.
Per quanto riguarda la disciplina dell’impugnazione del licenziamento, il legislatore ha precisato che, anche per i dirigenti, trova applicazione il regime generalmente previsto dall’art. 6 della Legge 15 luglio 1966, n. 604 (impugnazione extragiudiziale entro 60 giorni dalla ricezione della comunicazione di licenziamento + deposito del ricorso giudiziale entro i successivi 180 giorni).
Al contrario, il legislatore ha scelto di differenziare in larga parte la disciplina dei licenziamenti collettivi per i dirigenti rispetto alle altre categorie di lavoratori sotto il profilo della disciplina delle conseguenze del licenziamento collettivo illegittimo. Si tratta di una scelta opportuna, che valorizza la distinzione, da sempre presente nel nostro ordinamento, tra il regime delle tutele predisposto per la categoria dei dirigenti (a ragione dell’elevato carattere fiduciario che contraddistingue il loro rapporto di lavoro) e le altre categorie di lavoratori.
Un elemento certamente innovativo è, peraltro, rappresentato dalla scelta del legislatore di definire compiutamente, a livello legislativo, il regime di tutela spettante al dirigente in caso di violazione della procedura di licenziamento collettivo. Finora, infatti, era stata solo la contrattazione collettiva ad approntare, a determinate condizioni, tutele a favore dei dirigenti che avessero visto risolto il proprio rapporto a ragione di una crisi aziendale che avesse generato una procedura di licenziamento collettivo. Alla luce della novità introdotta, sul punto, dalla Legge n. 161/2014, si giustifica la scelta della Confindustria di procedere anche alla disdetta dell’Accordo del 1995 (sull’indennità supplementare in caso di risoluzione del rapporto per ristrutturazione, riorganizzazione, crisi aziendale), allegato al contratto collettivo nazionale per i dirigenti delle aziende produttrici di beni e servizi.
Ciò premesso, la legge in esame ha differenziato il regime delle tutele del dirigente sulla base del vizio che affligge il licenziamento collettivo: per il caso della mancanza della forma scritta è prevista la reintegrazione del dirigente, ai sensi dell’art. 18, comma 1, della Legge 20 maggio 1970, n. 300, mentre per le ipotesi di violazione della procedura o dei criteri di scelta è stabilita un’indennità in misura compresa tra le dodici e le ventiquattro mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo alla natura e alla gravità della violazione e fatte salve le diverse previsioni sulla misura dell’indennità contenute nei contratti e negli accordi collettivi applicati al rapporto di lavoro.

 


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