DIFFERENTI CONSEGUENZE DELL’INFORMATIVA ANTIMAFIA TIPICA E ATIPICA
(Consiglio di Stato sez. III 11/7/2014 n. 3606)
1. L’informativa antimafia c.d. atipica, a differenza di quella c.d. tipica, non ha carattere (direttamente) interdittivo, ma consente alla stazione appaltante l’attivazione di una valutazione discrezionale in ordine all’avvio o al prosieguo dei rapporti contrattuali, alla luce dell’idoneità morale del partecipante alla gara di assumere la posizione di contraente con la pubblica amministrazione, sicché la sua efficacia interdittiva può eventualmente scaturire soltanto da una valutazione autonoma e discrezionale dell’Amministrazione destinataria. (..) In sostanza l’informativa antimafia atipica, ancorché non sia priva di effetti nei confronti delle Amministrazioni, non ne comprime integralmente le capacità di apprezzamento, con la conseguenza che i provvedimenti di mantenimento o di risoluzione del rapporto devono essere comunque il frutto di una scelta motivata della stazione appaltante (Cons. St., sez. III, 12.9.2013, n. 4511).
2. La differenza tra l’informativa tipica e quella atipica non sta nella natura o nell’intensità degli elementi posti a base della valutazione prefettizia circa la permeabilità dell’impresa a condizionamenti mafiosi, bensì nella cogenza degli effetti scaturenti dall’una o dall’altra, giacché la prima vincola la stazione appaltante a interrompere il rapporto con l’impresa e la seconda lascia ad una valutazione discrezionale della stazione l’opportunità di mantenerlo. (..) In entrambe, quindi, è richiesto che la valutazione prefettizia si fondi su elementi concreti in ordine al rischio di permeabilità mafiosa, rischio che “non deve essere immaginifico né immaginario, ma neppure provato, purché sia fondato su elementi presuntivi ed indiziari la cui valutazione è rimessa alla lata discrezionalità del prefetto” (Cons. St., sez. III, 19.12.2011, n. 6643). (..) Il sindacato del giudice amministrativo sulla sussistenza di tali elementi non deve pertanto limitarsi ad una mera verifica formale, intesa a sanzionare l’apparente contraddittorietà tra una prima valutazione prefettizia, che non abbia attribuito loro efficacia interdittiva, e una seconda valutazione, che abbia invece loro annesso un effetto inibitorio e vincolante, ma deve verificare se tali elementi, capaci di condizionare la vita dell’impresa, sussistano in effetti o meno, giustificando la valutazione di permeabilità a logiche e influenze mafiose, specialmente in un sistema, come quello attualmente configurato dal d. lgs. 159/2011, che non lascia più spazio alle cc.dd. informative atipiche.
3. La ratio della normativa di prevenzione (..) consente di attribuire rilievo “anche a condotte di sudditanza e di soggezione” che, quand’anche non penalmente rilevanti, denunciano “l’incapacità di reagire alle pressioni malavitose” e, con essa, l’oggettivo contributo alla realizzazione dei fini delittuosi delle associazioni criminali che la legislazione mira a contrastare, in una logica preventiva e cautelare, con l’informativa interdittiva (v., ex plurimis, Cons. St., sez. VI, 30.12.2005, n. 7619).
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(* riforma parziale della sentenza del Tar Calabria-Catanzaro, Sez. I, n. 1178 del 2013)
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