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28.02.2013 - lavoro

MINISTERO DEL LAVORO – D.LGS. N. 124/2004 – DIFFIDA ACCERTATIVA PER CREDITI PATRIMONIALI – ATTIVITÀ ISPETTIVA – CIRCOLARE N. 1/2013

Con circolare n. 1 dell’8 gennaio 2013, il Ministero del Lavoro ha diramato istruzioni operative in merito alla natura, ai contenuti ed alle finalità dell’istituto della diffida accertativa per crediti patrimoniali, disciplinato dall’art. 12 del D. Lgs. n. 124/2004.

In riferimento all’istituto della diffida accertativa per crediti patrimoniali, il Ministero del Lavoro ha già fornito indicazioni con circolare n. 24/2004 del 24 giugno 2004 (Cfr. Not. N. 11/2004).

Tale norma prevede che, qualora nell’ambito dell’attività di vigilanza emergano inosservanze alla disciplina contrattuale da cui scaturiscono crediti patrimoniali in favore dei prestatori di lavoro, il personale ispettivo delle Direzioni territoriali del lavoro diffida il datore di lavoro a corrispondere gli importi risultanti dagli accertamenti, pena la formazione di un titolo esecutivo che il lavoratore può immediatamente azionare.

La diffida deve essere notificata al datore di lavoro, il quale, entro trenta giorni dall’avvenuta notifica, ha la facoltà di promuovere il tentativo di conciliazione innanzi alla Direzione territoriale del lavoro.

Trascorso il termine di trenta giorni dalla notifica della diffida senza che il datore di lavoro abbia promosso il tentativo di conciliazione presso la Direzione territoriale del lavoro, ovvero nel caso in cui il tentativo di conciliazione, tempestivamente promosso, non conduca ad un accordo, comprovato da apposito verbale, la diffida, a seguito del provvedimento del Direttore della suddetta Direzione territoriale, acquista valore di accertamento tecnico con efficacia di titolo esecutivo.

Avverso la diffida “convalidata” dal Direttore della Direzione territoriale del lavoro può essere proposto ricorso al Comitato regionale per i rapporti di lavoro.

La proposizione del ricorso sospende l’esecutività della diffida.

In primo luogo, la circolare ministeriale sottolinea che la norma sopra riportata ha introdotto, nel peculiare sistema delle tutele lavoristico-previdenziali, uno specifico strumento finalizzato “in primis” al diretto soddisfacimento degli interessi di natura patrimoniale dei lavoratori, unitamente agli istituti di derivazione pubblicistica volti all’individuazione delle violazioni ed alla comminazione delle relative sanzioni.

In virtù della disposizione in discorso – osserva il Ministero – l’ambito della vigilanza demandata agli ispettori del lavoro viene ampliato sino a ricomprendere la tutela patrimoniale dei rapporti obbligatori privati: in questo contesto, infatti, per i crediti accertati con la diffida di cui all’art. 12 del D.Lgs. n. 124/2004, il legislatore delinea un procedimento amministrativo attraverso il quale, in assenza di adempimento spontaneo o di conciliazione, la diffida accertativa costituisce titolo per l’esecuzione forzata.

Quanto al contenuto dell’accertamento tecnico in cui si sostanzia il provvedimento di diffida, la circolare in esame rimarca che:

– l’oggetto di tale accertamento può riguardare sia l’ “an” che il “quantum” del diritto spettante al prestatore di lavoro;

– la preventiva certezza del diritto non rappresenta una “condicio sine qua non” del provvedimento ispettivo ma, invece, costituisce l’obiettivo cui deve tendere l’accertamento stesso.

Relativamente ai poteri di accertamento di cui sono dotati gli ispettori di vigilanza, insiti nel procedimento di diffida, il Ministero del Lavoro contesta l’assunto secondo cui ogni qual volta la attività ispettiva involga “accertamenti di fatto” sia esclusa la diffidabilità dei relativi crediti.

Ciò in quanto, in tutti i casi in cui sia necessario procedere ad accertamenti circa la legittimità dei rapporti di lavoro posti in essere allo scopo di rilevare le “inosservanze alla disciplina contrattuale da cui scaturiscono crediti patrimoniali in favore dei prestatori di lavoro”, l’ispettore di vigilanza dovrà sempre compiere accertamenti anche nei fatti per poter correttamente qualificare le diverse fattispecie che hanno dato luogo alle predette circostanze.

Tutto ciò premesso, la circolare di cui trattasi riporta una classificazione dei crediti “diffidabili” sulla base dei correlati poteri di accertamento necessari alla loro individuazione e liquidazione.

Nello specifico, ad avviso del Ministero, la diffida accertativa può essere legittimamente applicata nelle ipotesi di:

– crediti retributivi da omesso pagamento;

– crediti di tipo indennitario, da maggiorazioni, trattamento di fine rapporto, ecc.;

– crediti legati al demansionamento o a prestazioni di lavoro sommerso ovvero retribuite in modo non conforme al dettato normativo ed all’art. 36 della Costituzione (nel caso in cui l’organo ispettivo abbia accertato rapporti di lavoro “in nero”, in fattispecie nelle quali sia comunque individuabile il contratto collettivo nazionale di lavoro applicato dal datore di lavoro, il verbale unico di accertamento, oltre a contenere la diffida ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. n. 1124/2004 a regolarizzare tali posizioni sul piano amministrativo e previdenziale, deve essere completato dalla diffida accertativa di cui all’art. 12 a corrispondere le somme accertate e dovute ai lavoratori “in nero” ai fini della regolarizzazione sostanziale sul piano dei rapporti di lavoro).

La diffida accertativa non deve invece essere applicata nei casi di:

– crediti connessi ad elementi pecuniari non predeterminati o legati a particolari scelte di merito del datore di lavoro (come, ad esempio, premi di risultato, premi di produzione, promozioni). In quest’ultimo caso, in mancanza della valutazione di merito del datore di lavoro non è possibile adottare la diffida accertativa in quanto l’operato dell’ispettore di vigilanza dovrebbe andare oltre l’accertamento tecnico a lui demandato dalla norma in oggetto, per sfociare in una scelta di tipo discrezionale o negoziale allo stesso evidentemente preclusa;

– crediti retributivi derivanti da riqualificazione di un rapporto di lavoro (ad esempio, da parasubordinato a subordinato). In queste fattispecie il Ministero ritiene preferibile non adottare la diffida, stante la necessità, da parte dell’organo ispettivo, di procedere ad una diversa qualificazione rispetto a quella negoziale data dalle parti del rapporto, qualificazione che spetta in via definitiva al giudice e presenta delicati profili di valutazione.


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