URBANISTICA:. 1) IL RIPORTO DI INERTI PER OTTENERE UN PIAZZALE E’ SOGGETTO A CONCESSIONE -. 2) E’ SEMPRE NECESSARIA LA CONCESSIONE QUANDO LA STRUTTURA PRECARIA E’ DESTINATA A DARE UN’UTILITÀ PROLUNGATA NEL TEMPO
URBANISTICA:
1) IL RIPORTO DI INERTI PER OTTENERE UN PIAZZALE E’ SOGGETTO A CONCESSIONE –
2) E’ SEMPRE NECESSARIA LA CONCESSIONE QUANDO LA STRUTTURA PRECARIA E’ DESTINATA A DARE UN’UTILITÀ PROLUNGATA NEL TEMPO
(Consiglio di Stato Sez. V sentenza 2450 del 10-1-2012)
1) deve ritenersi soggetto a concessione lo spianamento di un terreno agricolo ed il riporto di sabbia e ghiaia, al fine di ottenerne un piazzale per deposito e smistamento di autocarri e containers (Cass. pen., 09/06/1982; cfr. altresì <<è legittimo il provvedimento del sindaco che ordini la riduzione in pristino di un'area destinata, in base al piano regolatore, a verde pubblico, che sia stata coperta di ghiaia, per essere destinata a parcheggio>> Cons. Stato, sez. II, 15/02/1989, n. 18/89).
Non si può infatti dubitare che attraverso lo spargimento di ghiaione sull’area in questione il proprietario intendeva effettivamente modificare la destinazione agricola dell’area utilizzandola quale piazzale di sosta e ricovero dell’auto e delle due roulottes di sua proprietà, determinando così una trasformazione urbanistica che necessitava di concessione edilizia (sulla necessità di concessione edilizia per ogni intervento che determini una perdurante modifica dello stato dei luoghi con materiale posto sul suolo, pur in assenza di opera in muratura, anche C.d.S., sez. V, 21 ottobre 2003, n. 6519).
2. anche a voler prescindere dalle significative dimensioni della struttura prefabbricata realizzata (oltre 80 metri quadrati, per un volume di 257,78 metri quadrati, il che esclude in radice la sua stessa amovibilità (sul cui carattere insistono gli appellanti), deve ricordarsi che in ogni caso anche la precarietà (e mobilità) di un manufatto, che rende non necessaria la concessione edilizia, dipende non dal suo sistema di ancoraggio al terreno, ma dalla sua inidoneità a determinare una stabile trasformazione del territorio, con la conseguente necessità del titolo edilizio allorquando, come nel caso di specie, la struttura, ancorché prefabbricata, sia destinata a dare un’utilità prolungata nel tempo, circostanza giammai contestata dagli appellanti, e non meramente occasionale ( C.d.S., sez. V, 15 giugno 2000, n. 3321; 3 aprile 1990, n. 317).
Il Consiglio di Stato
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA – SEZ. STACCATA DI BRESCIA n. 34 del 27 gennaio 1999, resa tra le parti, concernente DEMOLIZIONE OPERE ABUSIVE E RIPRISTINO STATO DEI LUOGHI;
DIRITTO
II. Deve preliminarmente rilevarsi che i difensori dell’appellante hanno depositato in data 30 novembre 2011 un permesso di costruire in sanatoria (condono edilizio D.L. 269 del 30/09/2003, mod. con L. 326 del 24/11/2003), prot. n. 8563/04 n. 48/S/05 del 20 novembre 2009a, rilasciato dal Comune di . . . . (Bs) in favore del loro assistito per la realizzazione di un fabbricato residenziale in zona agricola su area distinta in catasto terreni al foglio n. 28, mappale n. 35.
Sennonché, ad avviso della Sezione, anche per la assoluta assenza di qualsiasi espressa indicazione in tal senso, tale provvedimento non determina né la cessazione della materia del contendere, né la sopravvenuta carenza di interesse alla decisione dell’appello, giacché le opere oggetto di sanatoria insistono su di un’area, in catasto terreni foglio 28, mappale n. 35, diversa da quella oggetto dei provvedimenti impugnati in primo grado, in catasto terreni, foglio 28, mappale n. 36; né in alcun modo dall’esame dei ricorsi introduttivi dei giudizi di primo grado risulta esservi stata alcuna contestazione sulla esatta individuazione dell’area su cui è stata realizzata l’attività edilizia, ritenuta abusiva dall’amministrazione comunale, oggetto dei provvedimenti impugnati, area sempre indicata quale mappale n. 36 del foglio 28.
III. Nel merito l’appello è infondato.
III.1. Con il primo mezzo di gravame, gli appellanti hanno sostenuto, con riguardo al rigetto dei ricorsi NRG. 537/92 e NRG. 8/93 (con cui erano state impugnate, rispettivamente, le ordinanze sindacali n. 17 del 23 marzo 1992, n. 19 del 13 aprile 1992 e la nota prot. n. 2816 del 14 aprile 1992 [NRG. 537/92] nonché la nota n. 7694 del 21 settembre 1992 e l’ordinanza sindacale n. 65 del 30 ottobre 1992 [NRG. 8/93]) Violazione di legge (art. 1 e 7 della L. n. 47 del 1985); eccesso di potere per travisamento dei fatti e per difetto di motivazione: ciò in quanto, a loro avviso, lo stendimento sul terreno di ghiaione di spessore medio di circa 25 cm con ricarica per una superficie di mq. 2500 non costituiva trasformazione urbanistica, non determinava mutamento di destinazione urbanistica e non necessitava di concessione edilizia; inoltre nel provvedimento di acquisizione del bene al patrimonio comunale non vi era alcuna valutazione dell’interesse pubblico.
La doglianza non merita favorevole considerazione.
Non vi è infatti motivo per discostarsi dal condivisibile indirizzo giurisprudenziale (C.d.S., sez. V, 22 dicembre 2005, n. 7343; 11 novembre 2004, n. 7324) secondo cui anche l’attività di spargimento di ghiaia, su di un’area che ne era precedentemente priva, è soggetta a concessione edilizia, allorché appaia preordinata, come nel caso di specie, alla modifica della precedente destinazione d’uso (nel caso in esame, pacificamente agricola).
Nei citati precedenti giurisprudenziali è stato puntualmente sottolineato, per un verso, che Tale indirizzo, peraltro, risulta corroborato dalla risalente interpretazione del Giudice penale, secondo cui deve ritenersi soggetto a concessione lo spianamento di un terreno agricolo ed il riporto di sabbia e ghiaia, al fine di ottenerne un piazzale per deposito e smistamento di autocarri e containers (Cass. pen., 09/06/1982; cfr. altresì <<è legittimo il provvedimento del sindaco che ordini la riduzione in pristino di un'area destinata, in base al piano regolatore, a verde pubblico, che sia stata coperta di ghiaia, per essere destinata a parcheggio>> Cons. Stato, sez. II, 15/02/1989, n. 18/89), e, per altro verso, che esso … sembra, oggi, avere un testuale riscontro nel nuovo Testo unico in materia edilizia – D.P.R. n. 380/2001 – (che non ha certo potenzialità applicativa e di risoluzione del caso in esame, ma che può rappresentare un valido ausilio interpretativo, specie ove codifica un orientamento giurisprudenziale pregresso): l’art. 3, in materia di definizione degli interventi edilizi, assoggetta a permesso di costruire – ascrivendole al genus delle nuove costruzioni – <
Correttamente pertanto i primi giudici hanno ritenuto legittimi i provvedimenti impugnati in primo grado, non potendo dubitarsi che attraverso lo spargimento di ghiaione sull’area in questione il proprietario intendeva effettivamente modificare la destinazione agricola dell’area utilizzandola quale piazzale di sosta e ricovero dell’auto e delle due roulottes di sua proprietà, determinando così una trasformazione urbanistica che necessitava di concessione edilizia (sulla necessità di concessione edilizia per ogni intervento che determini una perdurante modifica dello stato dei luoghi con materiale posto sul suolo, pur in assenza di opera in muratura, anche C.d.S., sez. V, 21 ottobre 2003, n. 6519).
Quanto al preteso vizio del provvedimento di acquisizione al patrimonio comunale dell’abuso realizzato per la carenza di motivazione in ordine alla valutazione dell’interesse pubblico, è sufficiente osservare che l’ordinanza di acquisizione gratuita al patrimonio comunale di un’opera abusiva si configura quale atto dovuto, privo di discrezionalità, subordinato al solo accertamento dell’inottemperanza di ingiunzione di demolizione ed al decorso del termine di legge (che ne costituiscono i presupposti) (C.d.S., sez. V, 1° ottobre 2001, n. 5179), così che la censura è destituita di qualsiasi fondamento giuridico, non essendovi alcuna valutazione discrezionale da compiere (e di conseguenza da giustificare).
III.2. E’ infondato anche il secondo motivo di gravame, con il quale, con riferimento al rigetto del ricorso NRG. 394/94 (concernente l’impugnazione dell’ordinanza sindacale n. 7 del 9 febbraio 1994, di demolizione di una struttura prefabbricata realizzata abusivamente), è stato denunciato Violazione di legge (artt. 7 10 L.N. 47/1985; art. 934 c.c.); eccesso di potere per travisamento dei fatti.
Non può infatti condividersi la tesi degli appellanti secondo cui l’ordinanza in questione sarebbe illegittima sia in quanto non diretta nei confronti del proprietario della struttura prefabbricata, asseritamente abusiva, sia perché si trattava di una struttura facilmente amovibile che non poteva rientrare nel concetto di costruzione e che, a tutto voler concedere, necessitava solo di un’autorizzazione e non di concessione edilizia.
Quanto al primo aspetto è sufficiente rilevare che è stata ritenuta legittima l’ordinanza di demolizione di opere edilizie abusive effettuata nei confronti del responsabile dell’abuso e non anche del proprietario dell’immobile, in quanto l’articolo 7, comma 3, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, si riferisce esclusivamente all’uno e non all’altro, per l’evidente ragione di ancorare l’attività riparatoria del responsabile, quale autore dell’illecito, al rapido ripristino dello stato dei luoghi (C.d.S., sez. V, 1° ottobre 1999, n. 1228); quanto al secondo profilo, poi, anche a voler prescindere dalle significative dimensioni della struttura prefabbricata realizzata (oltre 80 metri quadrati, per un volume di 257,78 metri quadrati, il che esclude in radice la sua stessa amovibilità (sul cui carattere insistono gli appellanti), deve ricordarsi che in ogni caso anche la precarietà (e mobilità) di un manufatto, che rende non necessaria la concessione edilizia, dipende non dal suo sistema di ancoraggio al terreno, ma dalla sua inidoneità a determinare una stabile trasformazione del territorio, con la conseguente necessità del titolo edilizio allorquando, come nel caso di specie, la struttura, ancorché prefabbricata, sia destinata a dare un’utilità prolungata nel tempo, circostanza giammai contestata dagli appellanti, e non meramente occasionale ( C.d.S., sez. V, 15 giugno 2000, n. 3321; 3 aprile 1990, n. 317).
III.3. Anche il terzo motivo di gravame, con cui è stato contestato l’erroneo rigetto in parte del ricorso NRG. 491/96 (concernente l’impugnativa del diniego di condono edilizio) per Violazione di legge (art. 39 L. n. 724 del 23.12.94 e successivi decreti di reiterazione, compreso il D.L. 25.11.94 n. 649, artt. 31, 33, 35 capo IV L. 28.02.85, n. 47); eccesso di potere per difetto di motivazione, per travisamento dei fatti, per illogicità, per contraddittorietà, per sviamento, per difetto di istruttoria è destituito di fondamento giuridico.
Occorre premettere che, come esposto in fatto, i primi giudici hanno ritenuto legittimo l’impugnato diniego per il fatto che il manufatto oggetto di condono era andato distrutto, laddove lo hanno invece annullato per quanto attiene il pozzo artesiano (non configurabile come opera edilizia) e quanto alle restanti opere per la asserita impossibilità di determinare la reale volumetria dell’abuso.
Ciò posto, deve rilevarsi che, diversamente da quanto opinato dagli appellanti, posto che la concessione in sanatoria rilasciata per effetto di un condono edilizio produce l’effetto della regolarizzazione della costruzione dal punto di vista urbanistico, attribuendo ad essa un regime giuridico che in nulla si differenzia da quello proprio di una normale concessione (C.d.S., sez. IV, 30 novembre 2009, n. 7491; sez. V, 7 maggio 2008, n. 2086), presupposto fattuale indispensabile per l’accoglimento della domanda di condono (e per il rilascio della relativa concessione in sanatoria) è la stessa esistenza del manufatto abusivo, non solo al momento della domanda di condono, ma anche al momento del rilascio della concessione (C.d.S., sez. V, 18 novembre 2004, n. 7538): è stata così ritenuta legittima l’archiviazione della domanda di condono (relativa ad un edificio demolito e non fedelmente ricostruito) per essere venuto meno la stessa opera cui si riferiva la richiesta (C.d.S., sez. IV, 28 dicembre 2008, n. 6550).
Del tutto legittimamente, come ritenuto anche dai primi giudici, l’amministrazione ha denegato il condono per la per struttura prefabbricato ad uso abitativo realizzata abusivamente, essendo la stessa andata distrutta nell’incendio del 25 luglio 1995, dopo la presentazione della domanda di condono, ma prima dell’eventuale rilascio della concessione in sanatoria.
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