20.07.2007 - lavori pubblici

APPALTI PUBBLICI – E’ POSSIBILE MODIFICARE O RETTIFICARE UN BANDO DI GARA MEDIANTE LE MEDESIME FORME DI PUBBLICITA’ OSSERVATE PER LA SUA ADOZIONE

APPALTI PUBBLICI – E’ POSSIBILE MODIFICARE O RETTIFICARE UN BANDO DI GARA MEDIANTE LE MEDESIME FORME DI PUBBLICITA’ OSSERVATE PER LA SUA ADOZIONE
(Consiglio di Stato, Sezione VI° del 11 maggio 2007, n. 2306)

Il Collegio ritiene che le modifiche del bando di gara non abbiano effetto nei confronti delle imprese partecipanti alla gara se non sono portate a conoscenza delle stesse nelle medesime forme attraverso le quali è stata data pubblicità al bando. Tale regola che impone l’identità delle forme di pubblicità si desume, anzitutto, dal più generale principio del contrarius actus, certamente applicabile all’autotutela provvedimentale, in forza del quale la modifica o il ritiro di un atto deve avvenire nelle stesse forme (anche pubblicitarie) e seguendo le stesse procedure dell’atto modificato o ritirato.  
Invero, il provvedimento di rettifica è espressione di una funzione amministrativa di contenuto identico, seppure di segno opposto, a quella esplicata in precedenza e, dunque, essa deve articolarsi secondo gli stessi moduli già adottati, senza i quali rischia di risultare monca o, comunque, difettosa rispetto all’identica causa del potere: pertanto, l’amministrazione è tenuta a porre in essere un procedimento gemello, anche a per quel che concerne le formalità pubblicitarie, di quello a suo tempo seguito per l’adozione dell’atto modificato, richiedendosi una speculare, quanto pedissequa, identità dello svolgimento procedimentale (Cons. Stato, Sez.IV, 3 marzo 1997, n. 183; Cons. Stato, sez. V, 27 settembre 2004 n. 6291).
Tale conclusione, è, del resto, avvalorata dai principi civilistici che regolano le forme per il ritiro o la modifica degli atti negoziali o prenegoziali che sono rivolti al pubblico.
Anche il codice civile, infatti, soprattutto laddove vengono in considerazione atti rivolti (similmente al bando di gara) non ad un singolo destinatario, ma ad una pluralità indeterminata di soggetti, detta una disciplina che richiede per la revoca l’osservanza della stessa forma già adottato per l’atto da ritirare.
In tal senso si segnala l’art. 1336 c.c. che, occupandosi dell’offerta al pubblico, prevede al secondo comma che la revoca dell’offerta, per essere efficace anche nei confronti di chi non ne abbia avuto notizia, deve essere necessariamente fatta nella stessa forma dell’offerta o in forma equipollente. Ancora, viene in rilievo l’art. 1990 c.c. che, a proposito della revoca della promessa al pubblico, stabilisce che la revoca non ha effetto se non è resa pubblica nella stessa forma della promessa o in forma equivalente.
Tali regole, dirette a tutelare coloro che abbiano fatto affidamento sulla promessa o sull’offerta poi revocata, possono valere anche rispetto alla modifica del bando di gara.
Il bando, infatti, pur non avendo la natura giuridica di promessa al pubblico, né di offerta al pubblico (potendo essere semmai accostato, secondo una certa lettura pancivilistica, all’invito ad offrire: cfr. C.G.A., ordinanza 8 marzo 2005 n. 10) genera, comunque, in capo alle imprese partecipanti alla gara, un livello di affidamento (circa il rispetto da parte dell’Amministrazione della lex specialis in esso contenuta) non inferiore a quello generato dai predetti atti negoziali.
Una eventuale modifica del bando non può, pertanto, essere presidiata da garanzie formali meno incisive di quelle previste, nei rapporti tra privati, per gli atti negoziali o prenegoziali rivolti al pubblico. Il principio dell’identità della forma pubblicitaria sancita dall’art. 1336, comma 2, c.c., per l’offerta al pubblico, e dall’art. 1990 c.c., per la promessa al pubblico, deve, pertanto, valere anche per la modifica del bando di gara.
Ne deriva, applicando i principi appena esposti alla fattispecie che ci occupa, che la modifica del bando, con cui l’Amministrazione ha disposto la non subappaltabilità delle opere OG11, non può ritenersi produttiva di effetti per le imprese partecipanti alla gara, in quanto tale modifica non è stata resa pubblica (come richiesto dal principio del contrarius actus e dalle regole civislistiche desumibili dagli artt. 1336, comma 2, c.c. e 1990 cc.) nelle stesse forme del bando, cioè mediante la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.
Né può essere ritenuta sufficiente la pubblicazione della modifica nel sito internet o su un quotidiano, sia pure a diffusione nazionale. Tale forme di pubblicità non possono, infatti, considerarsi in alcun modo equipollenti alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.


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