25.11.2005 - tecnica

L’APPLICAZIONE DELLA “DIRETTIVA PRODOTTI DA COSTRUZIONE”: PRIMI RISULTATI

L’APPLICAZIONE DELLA “DIRETTIVA PRODOTTI DA COSTRUZIONE”: PRIMI RISULTATI L’APPLICAZIONE DELLA “DIRETTIVA PRODOTTI DA COSTRUZIONE”: PRIMI RISULTATI

A 15 anni esatti dalla sua pubblicazione la CPD è ancora al centro del dibattito tra i diversi operatori del mondo delle costruzioni.Un po’ per la vastità del suo campo di applicazione (i prodotti considerati da altrettante norme armonizzate sono circa 500), un po’ per l’impatto che l’industria delle costruzioni ha sul mondo produttivo, un po’ per la sua intrinseca complessità e un po’ per la sua particolare caratteristica di prevedere, benché “direttiva nuovo approccio”, che le norme armonizzate, laddove esistenti, sono di fatto l’unico strumento normativo di riferimento utilizzabile per la marcatura CE (obbligatoria) dei prodotti da costruzione. Ma soprattutto per le forti tradizioni locali che da sempre hanno caratterizzato il settore e per le conseguenti inerzie ai cambiamenti e all’evoluzione del quadro normativo di riferimento.
Molto comunque è stato fatto, grazie alla partecipazione fattiva di coloro che hanno inteso cogliere l’occasione come un’opportunità per imporre le proprie capacità tecnologiche ed imprenditoriali nel regolamentare il mercato. Alla fine del 2004 più di 150 prodotti da costruzione possono essere marcati CE, essere immessi e circolare liberamente sul mercato comunitario ed essere scelti in funzione della idoneità all’impiego per loro previsto in fase di progettazione degli edifici e delle opere di ingegneria civile. Serve però ancora uno sforzo per completare il processo di implementazione della direttiva. Non solo in termini di completamento delle norme ancora in fase di elaborazione, ma soprattutto in termini di adozione delle misure necessarie per consentire il loro completo riconoscimento ed integrazione nei quadri legislativi nazionali dei vari paesi membri. E questo vale, per quanto di diretta competenza, per tutti gli operatori, dall’industria alle Autorità competenti, dai progettisti agli organismi preposti ai rilascio della marcatura CE e, perché no, anche per l’UNI, che intende porsi come punto di naturale riferimento per le parti interessate neÌla definizione di una “qualità condivisa” delle costruzioni.
I contributi che seguono sono stati raccolti con l’obiettivo di stimolare un confronto tra gli attori coinvolti nelle diverse fasi del processo di costruzione sulle problematiche legate all’entrata in vigore della CPD, in particolare:
– i committenti, che dovranno chiedere l’impiego di prodotti marcati CE, pena subire il ricorso di fornitori in regola esclusi dalle gara di appalto;
– i produttori, che dovranno immettere sul mercato solo prodotti marcati CE, pena le sanzioni previste dal DPR 246/93 di recepimento dalla direttiva 89/106;
– i progettisti, che per motivi analoghi dovranno prescrivere prodotti marcati CE;
– le imprese di costruzione, che sempre per motivi analoghi dovranno realizzare opere impiegando prodotti marcati CE;
– gli organismi notificati e i laboratori, che dovranno effettuare prove e attività di sorveglianza sul controllo di produzione in fabbrica secondo le norme armonizzate, ove queste prevedano il loro coinvolgimento.
E più o meno ufficiale che la Commissione Europea intenda provvedere ad una revisione della CPD. Ragionevolmente gli indirizzi che saranno seguiti volgeranno ad una sua semplificazione e ad uno snellimento degli aspetti legati alla sua applicazione. Ma, considerata la politica dei piccoli passi finora seguita, non ci saranno cambiamenti radicali nella filosofia di fondo né stravolgimenti, facendo comunque tesoro delle esperienze fin qui ottenute.
(da Unione e Certificazione – UNI)
 . . . omissis . . .

La direttiva 89/106 e le imprese di costruzione
I due eventi normativi che, sia pure dopo un iter travagliato, si apprestano ormai a mutare radicalmente il panorama degli operatori delle costruzioni, sono l’adozione degli eurocodici strutturali e l’applicazione della direttiva 89/106 CEE sui prodotti da costruzione.
Dei propositi e obiettivi iniziali della direttiva, dopo una serie di aggiustamenti e interpretazioni, ne è rimasto sicuramente in piedi uno che, anche considerato separatamente, è comunque di grande rilevanza nel mercato europeo delle costruzioni civili: i requisiti fondamentali da prendere in considerazione nelle costruzioni civili sono individuati una volta per tutte, e vanno raggiunti mettendo in opera prodotti, materiali e componenti che, per poter avere libera circolazione all’interno dello stesso mercato europeo, devono vedere dichiarate dal produttore, attraverso la marcatura CE, le prestazioni fornite per soddisfare i requisiti. Queste prestazioni sono individuate, misurate e controllate con criteri comuni, e quindi raffrontabili tra prodotti diversi.
II raggiungimento a regime di questo obiettivo metterà le imprese in grado di poter scegliere i materiali e prodotti di cui approvvigionarsi basandosi su prestazioni comparabili per quanto riguarda la grandezza fisica che individua la prestazione, la unità di misura adottata, la metodologia di prova seguita, e con lo stesso livello di affidabilità. Quest’ultimo è garantito dalla uniformità, tra i diversi produttori che appongono la marcatura CE, di tutte le condizioni che accompagnano questa marcatura: stessa frequenza dei prelievi, stesse modalità di prelievo, presenza di un analogo “controllo dei fattori di produzione” aziendale, eccetera. Per l’impresa, la ricerca della soluzione costruttiva da scegliere o da proporre sarà perciò sensibilmente facilitata, e potrà fare riferimento a una vasta base di prodotti, come pure sarà facilitata, nel suo sistema di gestione della qualità, la corretta ed effettiva applicazione della gestione degli approvvigionamenti (selezione dei fornitori, ordinativi, controllo, ecc.) che rappresenta per l’impresa edile un punto di importanza determinante ai fini della qualità dell’opera.
Come conseguenza di quanto sopra, il raggiungimento degli obiettivi della direttiva e la loro effettiva pratica attuazione potranno dare una mano consistente alla adozione e all’applicazione, per le opere civili, di norme tecniche di carattere esigenziale – prestazionale, sulla cui opportunità di adozione si presero decisioni positive nel nostro Paese già negli anni ottanta, ma che hanno poi trovato limiti di applicazione, anche proprio per il fatto che progettista ed impresa non potevano disporre, per ogni materiale o componente, della conoscenza e garanzia sulle loro prestazioni.
La normativa prestazionale, e i relativi progetti e appalti prestazionali o parzialmente prestazionali, prevedono infatti che tutti o alcuni dei requisiti indicati in progetto siano raggiunti attraverso soluzioni tecnologiche e adozione di materiali e di componenti individuati dall’impresa, che diventano possibili, o quanto meno proponibili dal punto di vista tecnico-economico, solo quando sia possibile una conoscenza precisa e affidabile delle caratteristiche tecniche del materiale che verrà posto in opera, e sia possibile il raffronto fra i materiali e fra le soluzioni tecnologiche. Questa strada stimola la ricerca di soluzioni innovative nella impresa di costruzioni e la rende più direttamente partecipe della realizzazione costruttiva.
Un’altra conseguenza positiva che potrà derivare alle imprese dalla applicazione della direttiva, va individuata nel fatto che le responsabilità per i difetti postumi (“gravi difetti” ex art. 1669 c.c.) dovrebbero essere sensibilmente attenuate per il costruttore, in tutti quei casi in cui il difetto dipenda, in maniera certa, esclusivamente dal non raggiungimento di una o più prestazioni da parte di un materiale, ora che la prestazione del materiale stesso deve essere dichiarata e garantita dal produttore attraverso l’apposizione della marcatura CE. Tutto ciò è valido in linea di principio ma, come per tutti gli eventi normativi, moltissimo dipende dalla applicazione di quanto previsto dalla norma, dallo spirito con il quale si attua, dalle strutture che la rendono operativa.
A livello nazionale, si rileva già una certa difficoltà a gestire con le strutture esistenti una materia così complessa e articolata, con competenze suddivise in pratica fra tre dicasteri. Nel caso ad esempio della marcatura CE degli “aggregati”, terminato con il maggio 2004 il periodo di coesistenza normativa, gli stati membri, e fra questi l’Italia, avrebbero dovuto recepire le relative norme armonizzate e stabilire i criteri di conformità e i requisiti degli aggregati stessi che il produttore deve obbligatoriamente dichiarare.
II nostro Paese ha svolto solo la prima parte di questo compito, e si è ancora in attesa del decreto interministeriale contenente l’indicazione dei criteri e dei requisiti obbligatori (peraltro già suggeriti dal Comitato Costruzioni dell’UNI).
Questo stato di cose ha creato, a nostro parere, una situazione di indeterminatezza normativa, da risolvere al più presto.
Anche a livello europeo, bisogna evidenziare il non indifferente problema di garantire un elevato livello di uniformità nella applicazione e gestione della direttiva, dato che i prodotti da costruzione circolano largamente all’interno del mercato. Le domande che sorgono spontanee sono, ad esempio, le seguenti. Le caratteristiche indicate per gli organismi di certificazione e di ispezione e per i laboratori sono piuttosto generiche: che garanzie si hanno che i diversi Paesi notifichino gli organismi con gli stessi criteri e con lo stesso livello di affidabilità? Il controllo dei diversi Stati membri su tutto il sistema che porta alla marcatura e il controllo del mercato saranno attuati, e lo saranno con criteri omogenei? Questi ed altri quesiti sorgono spontanei negli operatori del settore ed alcuni sono stati anche formalizzati in ambito di Federazione Europea dei Costruttori (Rec) e inoltrati alla Commissione Europea. Va comunque tenuto presente che il processo applicativo della direttiva non è facile né tanto meno automatico.
Altri Paesi se ne sono resi conto e si sono attivati con finanziamenti anche sostanziosi (vedi la Francia), destinati a rendere operante nel modo più corretto la direttiva 89/106 CEE e gli Eurocodici strutturali, attraverso la modifica di norme nazionali e l’attivazione di altre iniziative di supporto strutturale. Seguire questa strada ci sembra un presupposto fondamentale.
(Cesare Fossi – ANCE)


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