IRAP – ILLEGITTIMITÀ COMUNITARIA
IRAP – ILLEGITTIMITÀ COMUNITARIA IRAP – ILLEGITTIMITÀ COMUNITARIA
L’Imposta Regionale sulle attività produttive (IRAP) presenta le caratteristiche sostanziali dell’IVA e come tale è colpita dal divieto previsto dall’articolo n.33 della VI Direttiva, e incompatibile con il diritto comunitario.
Queste le conclusioni dell’Avvocato generale presso la Corte di Giustizia UE, in relazione alla causa intentata dalla Banca Popolare di Cremona contro la locale Agenzia delle Entrate.
Tuttavia la Corte, per i contribuenti che si avvalgono del diritto al rimborso per l’imposta pagata a seguito della sentenza, stabilirà una limitazione nel tempo rispetto ai ricorsi presentati.
In particolare, l’Avvocato Generale riconosce la sostanziale identità tra l’IRAP e l’IVA in quanto l’imposta è riscossa in ogni fase del processo di produzione o di distribuzione, poichè ogni operatore che si inserisce in una fase del ciclo, producendo valore aggiunto tassabile, è soggetto passivo d’imposta.
Nelle sue conclusioni l’Avvocato generale riconosce, tuttavia, la buona fede dell’Italia in quanto la Commissione Europea nel marzo 1997 aveva dichiarato che l’IRAP non era incompatibile con la normativa applicabile nel settore dell’imposta sul valore aggiunto. Per tale motivo, oltre che per il rischio di gravi difficoltà finanziarie nell’ipotesi in cui l’incompatibilità dell’IRAP con le norme UE fosse riconosciuta con effetto retroattivo (l’Italia dovrebbe rimborsare ai contribuenti circa 120 miliardi di euro), esiste una giustificata limitazione degli effetti temporali della decisione della Corte.
In merito il Governo ha già annunciato imminenti misure di modifica alla disciplina dell’IRAP con effetto già dal 2006, in modo da eliminare gli ostacoli alla competitività prodotti dall’introduzione dell’imposta e di prevenire le conseguenze di una eventuale decisione della Corte di Giustizia conforme alle decisioni dell’Avvocatura.
Eventuali istruzioni operative per le imprese associate saranno emanate tempestivamente a seguito della decisione della Corte. In ogni caso, si richiama l’attenzione sul fatto che nell’ipotesi in cui la Corte dovesse riconosce il diritto al rimborso ai soli contribuenti che abbiano inoltrato le istanze di rimborso (ai sensi dell’art. 38 D.P.R. 602/1973), tali istanze per essere valide dovranno:
essere inoltrate entro il termine di 48 mesi dalla data del versamento del tributo;
contenere, tra le motivazioni, quella della incompatibilità con la VI Direttiva IVA;
essere inoltrate entro la data del deposito della sentenza della Corte di Giustizia.
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