09.09.2003 - lavori pubblici

APPALTI PUBBLICI – L’AMMINISTRAZIONE DEVE APPLICARE LA CLAUSOLA DI ESCLUSIONE PREVISTA DAL BANDO SENZA POTERNE VALUTARE LA VALIDITÀ

APPALTI PUBBLICI – L’AMMINISTRAZIONE DEVE APPLICARE LA CLAUSOLA DI ESCLUSIONE PREVISTA DAL BANDO SENZA POTERNE VALUTARE LA VAL APPALTI PUBBLICI – L’AMMINISTRAZIONE DEVE APPLICARE LA CLAUSOLA DI ESCLUSIONE PREVISTA DAL BANDO SENZA POTERNE VALUTARE LA VALIDITA’
(Consiglio di Stato, Sez. V, n. 357 del 25/1/2003)

Qualora il bando preveda espressamente l’esclusione obbligatoria in conseguenza di determinate violazioni(come l’esclusione dalla gara nel caso di offerta economica contenuta in busta non firmata sui lembi e non recante l’indicazione del nome della ditta e l’oggetto della gara,) la P.A. è tenuta a dare precisa ed incondizionata esecuzione a tale previsione, senza alcuna possibilità di valutazione discrezionale circa la rilevanza dell’inadempimento, l’incidenza di questo sulla regolarità della procedura selettiva e la congruità della sanzione contemplata nella lex specialis, alla cui osservanza l’Amministrazione si è autovincolata al momento dell’adozione del bando.
Quindi non solo l’esclusione dell’offerta del ricorrente è legittima, ma, ancor prima, doverosa, in quanto espressamente contemplata dal bando quale sanzione per l’inosservanza delle prescrizioni relative alle modalità di presentazione della busta contenente il prezzo proposto per l’acquisito dell’immobile messo all’asta.

DIRITTO
 1.- Le parti controvertono sulla legittimità dell’esclusione dell’offerta del ricorrente (più favorevole per l’Amministrazione) dalla gara bandita dall’Ente resistente per la vendita di un immobile comunale (ed aggiudicata ai controinteressati al prezzo di L. 155.000.000), in quanto “l’offerta economica di . . . . . . .  risulta contenuta in busta non firmata sui lembi e non recante l’indicazione del nome della ditta e l’oggetto della gara, in violazione di clausole del bando stabilite a pena d’esclusione” (vedasi il verbale d’asta in data 21.8.2001).

. . . omissis . . .
3.1- Deve, al riguardo, osservarsi che tutti gli argomenti usati dal ricorrente per criticare il rigore dell’Amministrazione nell’applicazione della sanzione dell’esclusione, e, quello, successivo, dei primi giudici che ne hanno riconosciuto la legittimità, postulano, quale logico presupposto, la discrezionalità dell’Amministrazione nell’applicazione della disciplina di gara contenuta nella lex specialis.
Non avrebbe, infatti, alcun senso dedurre la natura di irregolarità formale della violazione in questione ed assumere, comunque, la sua inidoneità ad incidere in via sostanziale sulla correttezza della gara se non si supponesse la facoltà dell’Amministrazione di disapplicare le regole della procedura stabilite nel bando e se non si negasse, al contempo, il carattere vincolante delle stesse nella fase della loro attuazione.
Sennonché, secondo un consolidato ed univoco orientamento giurisprudenziale (Cons. Stato, Sez. V, 30 giugno 1997, n.763), la portata vincolante delle prescrizioni contenute nel regolamento di gara esige che alle stesse sia data puntuale esecuzione nel corso della procedura, senza che in capo all’organo amministrativo cui compete l’attuazione delle regole stabilite nel bando residui alcun margine di discrezionalità in ordine al rispetto della disciplina del procedimento (che non può, quindi, essere in alcun modo disattesa).
Da tale principio discende che, qualora il bando commini espressamente l’esclusione obbligatoria in conseguenza di determinate violazioni, la P.A. è tenuta a dare precisa ed incondizionata esecuzione a tale previsione (Cons. Stato, Sez. V, 10 marzo 1999, n.228), senza alcuna possibilità di valutazione discrezionale circa la rilevanza dell’inadempimento, l’incidenza di questo sulla regolarità della procedura selettiva e la congruità della sanzione contemplata nella lex specialis, alla cui osservanza l’Amministrazione si è, invero, autovincolata al momento dell’adozione del bando.
In coerenza con tali principi, deve, quindi, concludersi che, non solo l’esclusione dell’offerta del ricorrente è legittima, ma che la stessa era, ancor prima, doverosa, in quanto espressamente contemplata dal bando quale sanzione per l’inosservanza delle prescrizioni (nella specie, pacificamente non rispettate) relative alle modalità di presentazione della busta contenente il prezzo proposto per l’acquisito dell’immobile messo all’asta.
 3.2- Così chiarito il carattere vincolante della prescrizione in questione e l’assenza di qualsiasi discrezionalità in ordine all’apprezzamento della rilevanza della violazione colpita con la contestata sanzione, appare agevole negare ogni fondamento alle ragioni addotte dall’appellante a sostegno dell’assunto dell’illegittimità dell’esclusione della propria offerta.     
 3.3- Nessuna fondatezza può, innanzitutto, essere riconosciuta alle deduzioni svolte dall’appellante in merito all’integrità dell’offerta economica, alla certezza della sua provenienza e, quindi, al carattere meramente formale delle irregolarità sopra descritte.
Appare, in proposito, dirimente il rilievo che l’esiguità del numero degli offerenti non autorizza a ritenere, nel caso di specie, sicuramente garantito l’interesse pubblico ad acquisire la certezza dell’integrità e della segretezza dell’offerta economica nonchè della sua provenienza, posto che tali elementi non risultano, comunque, direttamente verificabili, come, invece, dovrebbe essere, dal semplice controllo estrinseco della busta.
Anche prescindendo dalla considerazione appena svolta, si rivela, in ogni caso, decisivo il rilievo che il riscontrato carattere vincolante della regola di gara violata precludeva all’Amministrazione, e, quindi, anche al Giudice, qualsiasi indagine circa la rilevanza, in concreto, della violazione e la sua idoneità ad alterare, in via sostanziale, la correttezza della gara, sotto il profilo della lesione della par condicio.
 3.4- Né vale, ancora, invocare il principio, nella specie asseritamente disatteso, che impone all’Amministrazione di invitare l’interessato ad integrare od a regolarizzare la documentazione prodotta.
Premesso che il potere generale dell’Amministrazione di invitare i privati alla regolarizzazione della documentazione prodotta appare qualificabile come potestà discrezionale, come, peraltro, si evince dal significativo utilizzo, nell’art.6 L. n.241/90, dell’espressione “…può chiedere il rilascio di dichiarazioni e la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete…”, e non come obbligo (cfr. Cons. Stato, 2 luglio 2001, n.3595), di contro a quanto affermato dall’appellante, e che, quindi, l’omesso suo esercizio, non potendosi configurare quale violazione di una disposizione vincolante, non risulta idoneo ad inficiare la legittimità del procedimento, si osserva, comunque, che la disposizione invocata dal ricorrente postula, per la sua corretta applicazione nell’ipotesi di una procedura selettiva, la necessaria condizione dell’avvenuta presentazione di certificati, documenti o dichiarazioni il cui contenuto sia carente od equivoco e quella, connessa e conseguente, del rispetto del principio della par condicio (Cons. Stato, Sez. V, 2 marzo 1999, n.223).
In presenza di una prescrizione chiara e della pacifica inosservanza di questa da parte di un concorrente, l’invito alla regolarizzazione costituirebbe, tuttavia, una palese violazione del principio della par condicio.
Quest’ultimo verrebbe, infatti, certamente vulnerato dalla rimessione in termini, per mezzo della sanatoria (su iniziativa dell’Amministrazione) di documentazione carente o irregolare, di un concorrente che ha negligentemente omesso di presentare, nei termini o con le modalità prescritte dalla lex specialis, un’istanza conforme al regolamento di gara.
Oltretutto, il legittimo esercizio del potere in questione postula che l’incompletezza da integrare o l’erroneità da rettificare siano riferibili al contenuto di dichiarazioni o di istanze (come si evince dall’esame del dato testuale della relativa disposizione), sicchè non paiono configurabili i presupposti applicativi dell’art.6 L. n.241/90 nel (diverso) caso, quale quello in esame, in cui risultino violate le stesse modalità formali di presentazione di una domanda.
In quest’ultima ipotesi, infatti, non si tratta di integrare o completare dichiarazioni incomplete ma di assolvere un onere connesso alla corretta proposizione dell’istanza quando risultano ormai irrimediabilmente vulnerate le esigenze, garantite proprio dal rispetto di quegli adempimenti formali, di segretezza dell’offerta economica.
Ne consegue che, nel caso di specie, l’auspicato invito alla regolarizzazione, lungi dal consentire l’acquisizione nel corso del procedimento di informazioni necessarie (ed originariamente mancanti), si risolverebbe nella successiva, e perciò inutile, apposizione sulla busta di firme e dati prescritti fin dalla sua presentazione, proprio a garanzia dell’integrità dell’offerta e della corretta partecipazione alla gara, e finirebbe, così, per vanificare i preminenti interessi pubblici sottesi alle previsioni disattese dall’offerente.  
 3.5- A fronte delle considerazioni appena esposte, si rivela, da ultimo, del tutto irrilevante l’argomento per cui l’Amministrazione avrebbe dovuto perseguire prioritariamente l’interesse pubblico alla realizzazione di un’entrata maggiore e, quindi, aggiudicare l’asta al ricorrente, che aveva presentato l’offerta più alta.
E’ sufficiente, in proposito, ribadire che, nel caso di specie, l’esclusione dell’offerta del Crescimbeni era un atto dovuto e che non competeva all’Amministrazione, in quella fase del procedimento, alcun apprezzamento in ordine alla conclusione più vantaggiosa della gara, essendo stata la relativa potestà già esercitata e consumata mediante la regolamentazione dell’asta in via generale e preventiva.


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